Nel blu dipinto di blu: un giorno a Chefchaouen, in Marocco, con i bambini

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Margherita Grotto, autore di Family Go
Tempo necessario: 1 giorno
Età bambini:  1-3 anni4-12 anni13-18 anni

La perla blu del Marocco, in cui perdersi tra stradine del colore del cielo. Chefchaouen è una cittadina a nord del Marocco attraente per questa sua caratteristica originale: essere dipinta di blu. Il miglior modo per visitarla con i bambini è girare a caso tra le sue viuzze piene di gatti, di abiti sgargianti, di spezie profumate.

C’è da stropicciarsi gli occhi appena si arriva a Chefchaouen, città a nord del Marocco. Già dalla strada, alle pendici dei monti del Rif, che accede al paese è facilmente intuibile ciò che più la caratterizza – e il motivo per cui è conosciuta in tutto il mondo: il colore blu dei suoi edifici. Ci arriviamo verso l’ora di pranzo di un giorno di autunno inoltrato: il cielo è azzurro e dialoga armoniosamente con le case; il clima è buono, tiepido, piacevole. Le premesse per visitare la perla blu di questo Paese africano ci sono tutte. Volate con noi “nel blu dipinto di blu”.

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Chefchaouen, il Marocco blu

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In quella che fu considerata per secoli una città santa, fondata da uno dei discendenti del profeta Maometto nel XV secolo, è semplicemente piacevole girare a caso tra vicoli blu, case blu, scale blu.

Da grandi programmatori di viaggi e rotte, questa volta ci siamo lasciati guidare dalla curiosità e dal fascino di una città che è letteralmente un dipinto e che fa da sfondo ideale a tappeti e abiti arancioni, rossi, gialli e verdi. Decidiamo anche noi donne di vestirci con colori vivaci, così da rendere le foto (ne abbiamo scattate tante!) ancora più vivide, del resto l’arancione è il colore complementare del blu. Vi assicuriamo immagini spettacolari!

Le sfumature della medina

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Chefchaouen, con le pittoresche stradine, è un luogo spettacolare da visitare con i bambini. L’entusiasmo percepito è notevole, perché un posto così vibra di incanto e favola.

Tutti i vicoli ruotano attorno a Place Uta el Hammam, da cui decidiamo di iniziare a esplorare la città, non senza esserci prima fermati a mangiare del cous cous e un tajine di carne, stufato tradizionale del Marocco che prende il nome dalla pentola di coccio con coperchio conico in cui viene preparato (occhio che viene servito bollente, sia il contenuto che il contenitore!).

La piazza principale, dalla forma oblunga, è un luogo di grande movimento, circondata da ristoranti che puntano, nell’invitare le persone a banchettarvi, alle terrazze da cui si gode di una gradevole visuale. Ci saliamo, ed è tutto così bello e… orientale.

Il giardino della kasbah

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Su un lato della piazza principale si notano la grande moschea con il minareto e le mura della kasbah, con il cui termine si indicano le costruzioni fortificate. Entriamo in quest’ultima, edificata nel 1672.

Ci accoglie un giardino ben curato, ricco di palme, alberi di fico e fiori. Un gentile giardiniere, stupito del nostro interesse verso il mondo vegetale, ci racconta le numerose specie che lì trovano dimora.

Le bambine respirano pace e si divertono a giocare a nascondino in questo spazio bucolico, mentre noi genitori approfittiamo per leggere qualche aneddoto in più su questa città da una delle panchine lì presenti.

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Approfittiamo del biglietto d’entrata per visitare anche un piccolo Museo Etnografico, all’interno di una torre, con foto, strumenti musicali e prodotti della tradizione. Da qui la vista è pazzesca e le scale tante, ma inventandoci filastrocche la fatica non si sente.

Sì, viaggiare, sì, esplorare

Lucio Battisti cantava

Dolcemente viaggiareRallentando per poi accelerareCon un ritmo fluente di vita nel cuoreGentilmente senza strappi al motore

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Noi lo abbiamo preso alla lettera: ci siamo addentrati con curiosità nelle stradine dove c’era più blu, abbiamo corso nelle piazzette che si aprivano davanti a noi, poi abbiamo camminato lentamente, abbiamo osservato la varietà impressionante di oggetti in vendita.

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E, ancora, ci siamo fermati a coccolare i tanti gatti che sbucano da ogni dove, abbiamo acquistato sapone all’olio di argan, le immancabili calamite blu da attaccare al frigo per segnare un nuovo viaggio fatto, abbiamo contrattato con mercanti di tappeti, annusato le spezie esposte, fino ad arrivare a Place El Haouta, dove ci siamo seduti in un bar, osservato due uomini del posto giocare a scacchi, scambiato due chiacchiere con alcune donne marocchine, lasciato le bambine correre spensierate in questo spazio e sorseggiato un bollente tè alla menta zuccherato, la bevanda nazionale tipica servita con tante foglie di menta al suo interno.

Nei dintorni

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Avendo a disposizione 24 ore per visitare Chefchaouen ci siamo dedicati completamente ad essa. Ma nel caso si avesse più tempo a disposizione, è possibile spostarsi anche fuori città e recarsi alla moschea spagnola, accessibile a tutti, da cui parte un sentiero che accompagna alle montagne da cui si gode di una vista spettacolare sulla città blu.

Oppure sono consigliate anche le cascate di Ras el Ma, o la cascata di Akchour, d’estate particolarmente affollate.

Fun fact: perché blu?

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Ci sono varie teorie sul perché edifici, strade, mura siano stati dipinti di blu. Qui abbiamo raccolto quelle più diffuse. Dalla tradizione ebraica arriva la teoria che suggerisce che gli ebrei in fuga dall’Inquisizione spagnola nel XV secolo si stabilirono a Chefchaouen e dipinsero le case di blu per simboleggiare il cielo e ricordare Dio e il paradiso.

C’è poi la teoria simbolica e spirituale: il colore blu è da sempre associato alla pace e a un effetto calmante.

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Una delle ipotesi più convincenti è quella che racconta di come il colore blu, noto per confondere gli insetti, tenga distanti zanzare e mosche.

Infine c’è chi punta all’aspetto estetico: in effetti questo paese, di blu dipinto, è caratteristico, attraente e… oggi più che mai instagrammabile.

Dove alloggiare

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Un qualsiasi riad andrà bene. Oggi i riad hotel sono molto in voga: si tratta di strutture con cortile interno adibite a hotel. Quelli a Chefchaouen tendono ad essere dipinti di blu anche all’interno e la colazione viene generalmente servita sulla terrazza.

Dove mangiare

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C’è l’imbarazzo della scelta, ma un bel ristorante tradizionale con piatti marocchini serviti all’interno, in spazi luminosi e colorati, o sulle terrazze panoramiche che si affacciano su piazza El Haouta, è sicuramente Casa Aladdin. Anche il nome ci fa fantasticare di mondi orientali lontani.

Per respirare, invece, la vivacità della piazza centrale stessa e stare “al suo livello”, Bilmos è il locale che fa per voi. Il menu – con una scelta di piatti gluten free – miscela sapori e tecniche tradizionali marocchini con un tocco italiano moderno, dando vita a un’esperienza culinaria senza eguali.

 

Maggiori Informazioni

www.visitmorocco.com

 

Copyright: Familygo. Foto di Margherita Grotto

 

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